E’ morto Gianpaolo Boetti, aveva 82 anni. Giornalista prima alla Gazzetta del Popolo e poi a La Stampa. Il funerale si svolgerà lunedì 25 novembre alle 9,30 alla chiesa della Gran Madre.
Per me oggi è un giorno tristissimo, se n’è andato un caro amico. Ci eravamo sentiti una decina di giorni fa. Aveva la voce stanca e affaticata. Mi ha ragguagliato sulle cure, sulle visite dei medici, sull’affetto e l’amore che non gli facevano mai mancare Cristina e la sua bella famiglia.

Avevamo preso l’abitudine di sentirci ogni tanto. Speravo sempre di sentire la sua voce all’altro capo del filo. Il 28 agosto, nel tardo pomeriggio, Gianpaolo mi aveva telefonato. Era nella sua casa di Castagneto Carducci, in Toscana. Mi ha raccontato che la malattia che lo tormentava da tempo era progredita. Sempre più aggressiva. Mi aveva detto: “Sai quando dicono che si deve combattere? Tutte balle. Qui non c’è niente da combattere. Alla fine vince lei”. E così è stato. GianPaolo lo sapeva, ma la voce non aveva incrinature, sempre ferma.
Gian aveva aggiunto: “Ti rompo le scatole con i miei dolori, ma vorrei che dopo qualcuno mi ricordasse. E sapesse con quanta dedizione Cristina mi è stata accanto”. Questa è dunque la ragione per cui scrivo questa breve nota, pur con grande fatica.
Siamo diventati amici, Gian ed io, dopo l’esperienza del giornale. Nel tempo in cui sono stato in via Marenco lui era il “caporedattore di notte”, cioè quello che chiudeva il giornale un po’ prima delle due. A me capitava spesso di essere di “lunga”, il redattore che si ferma fino all’ultimo minuto della giornata. A tardissima ora Gian Paolo non perdeva mai la calma, non mostrava segni di stanchezza, teneva il timone del giornale con la sicurezza di chi conosce ogni bullone di quella macchina. E per il “lunghista”, addetto a rifare un titolo o a “ribattere” un articolo in una manciata di minuti, era un faro nella notte.
Negli anni successivi ci siamo visti e sentiti spesso. Eravamo in sintonia su tanti argomenti, dalla politica alla professione ai cambiamenti di questa società. Lui attivo negli organismi sindacali, era stato consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti e dell’Inpgi. Leggeva il mio blog, a volte con critiche, altre con elogi, ovviamente moderati, com’era nel suo stile.
Ho un ricordo bellissimo della sua festa di compleanno per gli 80 anni a Ceresole d’Alba, nella splendida casa di campagna della famiglia Caccia. Io capoccione juventino regalai a lui roccioso granata una maglia del Toro con stampato il suo nome. Fu un giorno felice quello per lui, e per i tanti amici che lo strinsero in un abbraccio collettivo e fraterno.
Ora Gian Paolo non c’è più. La perdita di un figlio, in una tragedia della montagna, lo aveva segnato duramente. “Quella cosa lì – mi ha detto in quella telefonata – è stata la grande ferita della mia vita”. Oggi il mondo del giornalismo torinese perde uno degli ultimi grandi interpreti di questa professione. Io perdo un amico, che mi mancherà moltissimo per tutto il tempo che verrà.
A Cristina e a tutta la sua famiglia il mio abbraccio fraterno. Ciao Gian.
Giorgio Levi.
Credits
L’intervista è di Monica Gallo.
Le fotografie di questa pagina sono state scattate nella casa di Ceresole d’Alba alla festa degli 80 anni di Gianpaolo.